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Rispetta gli animali in inverno

Come praticare sport nella neve rispettando la fauna selvatica

Negli ultimi decenni, il turismo invernale sulle Alpi è cambiato, ampliandosi con nuove tipologie di attività sia sportive che ricreative e coinvolgendo un numero sempre più elevato di persone che le praticano.
Si evidenzia, inoltre, una recente tendenza dei fruitori della montagna a spingersi maggiormente rispetto al passato in aree remote, meno frequentate, dove la natura appare più pristina e meno modificata dall’uomo.
Sport invernali come lo scialpinismo, l’escursionismo con ciaspole, il freeride ed altri, se praticati in zone frequentate dalla fauna, possono arrecare un forte disturbo e costituire un rischio significativo per gli animali selvatici, che già si trovano ad affrontare il difficile periodo dell’inverno. Inoltre, essendo svincolati da qualsiasi tipo di infrastruttura, il disturbo alla fauna provocato da questi sport, potrebbe essere esercitato in aree vaste, coinvolgendo intere popolazioni di fauna selvatica.
Cerchiamo di capirne bene il perché.


Cosa significa l’inverno per gli animali selvatici?

L’inverno è una stagione molto complicata sulle Alpi per gli animali selvatici.
Il cibo disponibile è poco e di scarsa qualità. Se pensiamo poi alle basse temperature (-10°C ad una media di 2000 m s.l.m.), che richiedono maggiore energia per mantenere il giusto calore corporeo, alle giornate corte (e quindi alla breve esposizione solare e alla ridotta possibilità di ricerca del cibo nelle ore diurne), alla presenza della neve che, soprattutto se alta e persistente, implica molto sforzo nei movimenti (ed il dispendio energetico aumenta con l’aumentare dello spessore del manto nevoso), è facile capire come tutto ciò renda questa stagione difficile per gli animali selvatici, che si trovano a doverla affrontare con le proprie forze per superarla al meglio.
Diventa, quindi, indispensabile risparmiare l’energia corporea ed evitare inutili sforzi, superflui movimenti e nocivo stress.
Un consumo energetico eccessivo può essere difficile da compensare durante la stagione fredda e può causare agli animali selvatici deperimento fisico, aumentare il rischio di malattie e, nel peggiore dei casi, portare alla morte. Lo stress cronico, dovuto ad un disturbo ripetuto e frequente, può avere effetti negativi sulle condizioni fisiche (per aumento del battito cardiaco dovuto al panico e per dispendio energetico nella fuga) e anche sulla fertilità.

Quali sono gli adattamenti che gli animali selvatici mettono in campo per superare l’inverno?

Gli animali selvatici maggiormente sensibili al disturbo causato da queste attività sono: tra i grandi erbivori, il camoscio, lo stambecco, il cervo e il capriolo mentre, tra gli uccelli le specie maggiormente colpite sono alcuni tetraonidi, come il fagiano di monte o gallo forcello, la pernice bianca e il gallo cedrone. Tra i piccoli mammiferi invece annoveriamo la lepre bianca.
La fauna selvatica in inverno mette in campo diversi adattamenti anatomici, fisiologici e comportamentali per fronteggiare la stagione fredda e giungere alla primavera in buone condizioni fisiche.
Dal letargo invernale della marmotta all’ibernazione dell’orso bruno (per cui queste specie preferiscono trascorrere l’inverno più o meno “riposando”, in un luogo protetto, riducendo le proprie funzioni fisiologiche), fino alla dotazione di folte pellicce, talvolta bianche per mimetizzarsi meglio (ermellino, lepre alpina o pernice bianca), oppure scure, per assorbire più calore (camoscio alpino ed altri ungulati), fino ad adattamenti anatomici sulle zampe che permettono, ad esempio, di muoversi meglio e con minor sforzo sulla neve (è il caso di alcuni tetraonidi e del camoscio).
Varie sono le strategie che le diverse specie animali hanno sviluppato per affrontare e superare l’inverno, vediamole meglio insieme, di seguito.
Tuttavia, la più importante e comune a tutti è la necessità di tranquillità, di ridurre i movimenti solo a quelli essenziali, per ottimizzare il metabolismo ed i consumi energetici. Quindi, la scelta di luoghi in cui sia possibile reperire facilmente risorse alimentari idonee come, per esempio, terreni scarsamente innevati ai margini del bosco per gli ungulati o zone aperte, con copertura arbustiva e neve fresca farinosa per i tetraonidi, protetti dal disturbo antropico, dalle valanghe e dai predatori risulta molto importante.

I grandi erbivori (anche) alpini, cervo, capriolo, stambecco e camoscio, hanno sviluppato:
• una pelliccia invernale ricca di uno strato isolante e, spesso, di colore scuro che assorbe e trattiene maggiormente il calore dei raggi solari;
• riserve di grasso che, per camoscio e stambecco, raggiungono fino a 1/5 del loro peso;
• una riduzione naturale dei ritmi di attività e del fabbisogno energetico tra estate e inverno, della capacità del rumine e quindi anche della quantità di cibo che possono ingerire;
• una maggiore capacità di alimentarsi e ricavare energia dalla vegetazione secca e ricca di fibra grezza che è disponibile durante l’inverno.
I galliformi alpini come gallo cedrone, gallo forcello, francolino di monte e pernice bianca sono caratterizzati invece da:
• forma tozza e raccolta del corpo, che riduce notevolmente la perdita di calore corporeo;
• un piumaggio particolarmente isolante, a doppio strato e con piume fino ai tarsi;
• narici e zampe coperte di piume soffici (che proteggono le vie aeree e permettono di camminare meglio sulla neve);
• speciali adattamenti morfologici delle zampe: eccetto la pernice bianca, queste specie d’inverno presentano delle piccole scaglie ossee ai lati delle zampe, che aumentano la superficie di appoggio sulla neve e vi facilitano, così, i movimenti;
• capacità di scavare cavità nella neve farinosa (igloo) e rifugiarvisi per la maggior parte della giornata, sfruttando l’isolamento termico della neve e stando assolutamente immobili (uscendo per tempi brevi, alla ricerca di cibo soltanto la mattina e la sera, prima dell’imbrunire);
• un apparato digerente formato da intestini ciechi molto sviluppati, che permettono loro di assimilare gli alimenti con tanta fibra, facilmente reperibili in inverno.

Tutti questi adattamenti, ovviamente, valgono dove non ci sia disturbo esterno causato dall’uomo e dove, quindi, gli animali selvatici possano frequentare gli ambienti maggiormente idonei con libertà e secondo i propri ritmi di attività naturali.
 
RISPETTA GLI ANIMALI IN INVERNO
 
Rispetta gli animali in inverno

Che succede quando gli animali selvatici vengono disturbati dall’uomo in inverno?

L’incontro accidentale e non prevedibile con l’uomo provoca spesso negli animali selvatici panico, stress ed induce l’animale ad una fuga repentina (e quindi ad un dispendio energetico più o meno elevato), con ripercussioni negative sulle sue condizioni fisiche, a volte non recuperabili.
Molti sono gli studi scientifici che dimostrano l’aumento dei livelli degli ormoni dello stress (glucocorticoidi, come corticosterone e cortisolo) negli animali selvatici alpini più esposti a disturbo (Arlettaz et al., 2007).
Inoltre, quando il disturbo si ripete per periodi medio - lunghi ed in rapida successione, gli animali si trovano costretti in un continuo stato di allerta, causando stress cronico e seri rischi per la loro sopravvivenza. Se queste situazioni di disturbo, inoltre, coinvolgono molti individui di una popolazione, le conseguenze possono sfociare in un progressivo declino della popolazione stessa o comunque a modificarne negativamente la dinamica.

Che cosa causa il disturbo antropico agli animali selvatici?

Come abbiamo detto, il disturbo antropico (ovvero il disturbo causato dall’uomo) induce gli animali selvatici alla fuga e la fuga fa consumare loro energia, che nella maggior parte dei casi, per mancanza di risorse o per disponibilità di quelle poco energetiche, è difficilmente riaquisibile. Il disturbo causa stress e lo stress brucia le risorse incamerate ed impedisce all’animale di alimentarsi regolarmente.
Nei grandi erbivori, il disturbo antropico può portare gli animali ad essere più vigili, a stare più tempo a testa alta per controllare, diminuendo così il tempo dedicato all’alimentazione, in inverno già difficoltosa di per sé (Jayakody et al., 2008).
La conseguenza di tutto ciò è costituita da una forte debilitazione fisica, che, nei casi peggiori porta alla morte per inedia o a quella per predazione: un animale deperito non riesce a difendersi o a scappare abbastanza velocemente da un predatore, oppure, scappando, il rischio di essere predati è causato dall’essere più visibili e contattabili, rispetto a quando si sta al sicuro nel proprio rifugio.
Altra conseguenza può essere una protratta diminuzione della condizione fisica che può aumentare il rischio di contrarre malattie e, se prolungata nel corso della stagione estiva successiva, può incidere negativamente sulla capacità riproduttiva.
La fuga costringe gli animali a spostarsi in luoghi dove la frequentazione umana è minore, che possono risultare meno idonei per il comfort termico e per l’alimentazione. Alcune specie (quali ad esempio stambecchi, camosci e cervi), come abbiamo detto, accumulano riserve di grasso durante l’estate per poter far fronte alle difficoltà alimentari ed energetiche della stagione fredda, ma questo, per altri animali, come per esempio i galliformi alpini, non è possibile a causa di una diversa fisiologia. Gli uccelli alpini, d’inverno, non accumulano riserve di grasso: la capacità del loro gozzo fornisce nutrienti ed energia solo per brevi periodi di tempo, poi per loro è necessario nutrirsi nuovamente. Se ciò non è possibile, perché ad esempio, per evitare il disturbo antropico, sono costretti a spostarsi in aree dove la quantità di cibo non è sufficiente, le loro risorse vengono presto esaurite, mettendo a rischio la loro sopravvivenza.
Il disturbo dovuto agli sport invernali praticati senza attenzione a questi aspetti, può comportare, infatti, la frammentazione, la perdita e a volte l'abbandono delle migliori aree di svernamento.


Cosa posso fare io per evitare disturbo alla fauna selvatica?

Andare in montagna RISPETTOSI E CONSAPEVOLI.
La fruizione della montagna, per rimanere tale e per permettere alla natura di mantenersi come la troviamo, dovrebbe rispondere ad una regola generale: essere discreti e, possibilmente “prevedibili”.
Rispettare la natura e le sue regole per viverla nella sua essenza e goderne di più. Non trasformare irreversibilmente, ma permettere e favorire la rigenerazione della natura alpina.
Si va in natura per ricevere. Si deve allora anche essere pronti a dare e tutto ciò che possiamo donare alla natura si raccoglie in due parole sole, ma colme di significato: rispetto e consapevolezza.
Il disturbo causato alla fauna selvatica nelle zone di svernamento da sciatori o scialpinisti che si spingono fuori pista o da escursionisti ciaspolatori che si indirizzano dentro al bosco, come abbiamo visto, può essere elevato. Inoltre, l’ “effetto sorpresa”, ovvero un disturbo che arriva inaspettato, all’improvviso, causa uno stress ancora più forte e l’intensità della reazione aumenta con l’aumentare della velocità della sorgente di disturbo.
Tuttavia, i fruitori della montagna possono di certo ridurre questi impatti, pur praticando gli sport invernali, seguendo alcune semplici raccomandazioni, quali, ad esempio:

 • rimanere sui percorsi segnalati, prediligendo le aree aperte e stando lontani dai margini del bosco;
 • non seguire le loro tracce sulla neve e non cercare di avvicinarli;
 • muoversi in piccoli gruppi, lentamente, evitando le ore crepuscolari e la notte;
 • praticando scialpinismo, mantenere traccia di salita e di discesa coincidenti, non si interferisce in area delicata per il gallo cedrone ed altri tetraonidi;
 • evitare le zone rocciose libere da neve e le aree particolarmente sensibili (zone di riproduzione, di nidificazione, di svernamento per tetraonidi ed ungulati);
 • tenere i cani sempre al guinzaglio;
 • informarsi su questi temi da fonti attendibili e seguire le indicazioni che si trovano sui pannelli segnaletici all’imbocco di sentieri o sulle bacheche informative.

Comportandosi in questo modo, l’uomo evita notevoli difficoltà alla fauna che, in situazioni non impattanti, è in grado di adattarsi alla sua presenza discreta in montagna.
Inoltre, il fruitore corretto contribuisce alla tutela della fauna locale e può essere di buon esempio per gli altri, collaborando indirettamente alla sensibilizzazione della comunità e dei turisti su queste tematiche.

Scarica qui i buoni consigli per rispettare gli animali in inverno


Bibliografia utile
.

R Bögel & G Härer , 2002. Reactions of chamois to human disturbance in Berchtesgaden National Park.
Pirineos, 157, 65 – 80.

Raphael Arlettaz, Patrick Patthey, Marjana Baltic, Thomas Leu, Michael Schaub, Rupert Palme & Susanne Jenni-Eiermann, 2003. Spreading free-riding snow sports represent a novel serious threat for wildlife. Proc. R. Soc. B (2007) 274, 1219–1224.

McEwen, B. S. & Wingfield, J. C. 2003. The concept of allostasis in biology and biomedicine. Horm. Behav. 43, 2–15.

Jayakody, S., Sibbald, A.M., Gordon, I.J. & Lambin, X. 2008. Red deer Cervus elaphus vigilance behaviour differs with habitat and type of human disturbance. Wildl. Biol. 14: 81-91.
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