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Vivere la montagna.. e le marmotte

di Chiara Giari

Poche situazioni e luoghi riescono a darti sensazioni ed emozioni pure e profonde: “vivere” la montagna, per una stagione o anche solo per un giorno, è sicuramente una circostanza che più ci avvicina a queste occasioni.
Dopo più di un anno passato quasi esclusivamente in casa, un po’ per colpa dei vari lockdown dovuti alla situazione attuale di emergenza virus, un po’ per “colpa” di altre priorità nella vita di tutti, come nel mio caso può essere la preparazione di esami universitari, “vivere” la montagna, diventa un ottimo modo per evadere da questa monotonia.
Chi è amante della natura, della vita all’aria aperta, di passeggiate e, perché no, anche un po’ della fatica, sa che qualcosa di speciale si può percepire in questi luoghi circondati da ghiacciai, laghi alpini, pascoli e … MARMOTTE.
Sono proprio loro le principali protagoniste della mia esperienza di tirocinio che, nella cornice delle Alpi lombarde, mi stanno permettendo di vivere un sogno tenuto nel cassetto ormai da molti anni.Ma partiamo dall’ inizio … mi presento: sono Chiara Giari, ho 24 anni, vengo dalla Toscana, sono una studentessa della Laurea Magistrale in Conservazione ed Evoluzione all’ Università di Pisa e, non per caso, adesso sto vivendo da qualche mese in un paesino di quasi duecento abitanti all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio.
Oltre al desiderio di evasione di cui prima, questa esperienza è nata grazie ad una fortissima volontà di realizzare un progetto di Tesi di Laurea magistrale che avesse come priorità la raccolta di dati “sul campo".
Complici le varie chiamate per la ricerca di un progetto perfetto e un po’  di fortuna nell’aver trovato persone disponibili e pronte ad aiutarmi, un po’ di coraggio e tanta voglia di scoprire e mettermi alla prova, sono riuscita ad arrivare nelle bellissima Valfurva. Come già anticipato, le protagoniste del mio progetto sono le marmotte, animali tanto buffi quanto rispettabili, indiscusse Regine degli ambienti di alta quota, dove la vegetazione di larici e pini cembri lascia spazio a rigogliosi pascoli d’estate e mari di neve e ghiaccio in inverno.
Impossibile mentire a sé stessi: se durante una passeggiata in montagna, si sente un fischio, chiunque aguzza la vista alla ricerca di questo animale i cui tipici versi echeggiano in tutta la valle. 
Tante sono le informazioni conosciute riguardanti l’ecologia e la biologia di questa specie e sicuramente una tra le più interessanti è la capacità delle marmotte di riuscire a sfruttare i mesi estivi per immagazzinare le energie necessarie a trascorrere mesi di letargo senza nutrirsi e bere, riducendo ai minimi costi tutte le funzioni metaboliche: la temperatura corporea scende dai 35 ai 5 gradi e la frequenza cardiaca raggiunge una media di 15 battiti al minuto.
Nonostante ciò, sono altrettante numerose le informazioni che rimangono ancora sconosciute su questa specie.Ho adorato fin da subito l’idea di poter svolgere un progetto di tesi su questi affascinanti mammiferi per scoprire meglio le loro abitudini, pur sapendo che avrei dovuto concentrare le osservazioni al solo periodo di non letargo.
A Maggio, quindi, sono arrivata nel Parco dello Stelvio e, il giorno dopo il mio arrivo, sono stata accompagnata dalla mia collega di lavoro e responsabile del progetto, nell’area di studio: la Val Cedec.
L’ inizio non fu tanto rassicurante, considerando che venivo da una località di mare, mi sono ritrovata in una tempesta di neve a 2500 m di quota circondata da una distesa bianca che copriva e nascondeva quella che sarebbe dovuta essere la nostra area di studio.
In quel momento capii che probabilmente la mia esperienza sarebbe stata molto più dura di quanto mi fossi aspettata ma l’entusiasmo e l’emozione provate quel giorno furono sicuramente indimenticabili. Il manto bianco che copriva tutta la valle, le baite, il Gran Zebrù sullo sfondo e un silenzio glaciale mi lasciarono sbalordita. Non vedevo l’ora di iniziare a lavorare.E così dal giorno dopo, io, la responsabile del progetto ed altri colleghi, ci siamo messi a preparare il lavoro estivo che sarebbe dovuto iniziare da lì ad una settimana, tempo necessario alle marmotte per uscire definitivamente dal letargo e al mio progetto per assumere sempre più concretezza.
L’ obiettivo di quest’ultimo è quello di comprendere la biologia e l’ecologia delle marmotte. Nella fattispecie, raccogliendo i dati per analizzare i social network dei componenti si cerca di definire il ruolo di ogni individuo all’interno dei gruppi familiari della specie. 
La bellezza di poter condurre questi studi la si ritrova anche nella sfida di raccogliere i dati utilizzando tecniche di ricerca che non compromettano la normale attività delle marmotte. Nel mio caso, la principale attività di campo, è l’osservazione diretta con il binocolo. Questo permette di monitorare direttamente soggetti che, indisturbati, svolgono le loro attività quotidiane. Analizzando i ritmi di attività è possibile, inoltre, comprendere come ogni individuo sfrutti le ore del giorno per svolgere le sue attività essenziali, come il foraggiamento e il riposo, in relazione all’esigenza di dover mettere da parte le energie per affrontare l’inverno.
Infine, il progetto mira anche a capire quanto la presenza umana nei territori vitali della specie possa influenzare le sue attività quotidiane, attraverso l’analisi della percezione che gli animali hanno nei confronti dell’essere umano ed è ciò di cui, con gratitudine ed entusiasmo, mi sto occupando per il mio studio di tesi.
 L’ “invadenza” dell’ uomo, come è risaputo, è una delle cause principali che porta alla modificazione del comportamento animale con effetti spesso negativi; nel caso delle marmotte si ipotizza che l’individuo, invece di investire le proprie energie a vantaggio della propria sopravvivenza durante il letargo, si trova costretto ad utilizzarle in comportamenti anti-predatori, come la fuga.
Analizzare la risposta comportamentale ai disturbi antropici, come la presenza di escursionisti, è anche utile  per capire quali attività di gestione potrebbero essere prese allo scopo di salvaguardare questa specie.

A dispetto di quanto si possa credere, questo tipo di attività non è sempre così semplice da condurre. Non poche problematiche ci sono quando si devono effettuare osservazioni di animali selvatici che vivono in alta montagna.
In primis, le condizioni meteo sono la principale fonte di frustrazione. Nulla possono le previsioni meteo, che controlliamo ogni giorno, di fronte all’ imprevedibilità del clima in montagna. Come recita un detto “ in montagna non esiste buono o cattivo tempo, ma soltanto un buono o cattivo equipaggiamento” e sono convinta che sia una delle affermazioni più sagge che riguardano lo stile di vita in alta quota.  Diventa fondamentale sapersi adattare alle circostanze e, per la mia esperienza personale, è indispensabile portarmi dietro una giacca a vento impermeabile e un pile in più per stare al caldo durante i momenti più freddi.
Un’ altra problematica è la difficoltà di acquisire dati individuali, quindi su specifici individui. Per fare ciò è stato necessario applicare con metodi minimamente invasivi, marche auricolari di diversi colori per distinguere univocamente ciascun individuo al fine di comprendere i loro ruoli all’interno delle famiglie. Alcuni individui sono facili da “trovare” in quanto prediligono aree note, altri invece sono come “fantasmi”, e la loro osservazione può richiedere anche giorni di appostamenti con risultati negativi.  Ciò inevitabilmente comporta tempi e sforzi maggiori rispetto a quelli attesi.Come avrete capito non è sempre facile lavorare in progetti del genere, ma vi posso assicurare che tutti questi sforzi vengono ripagati dalla soddisfazione di avere il privilegio di studiare questi animali, di portare a termine il mio percorso accademico con un progetto di tesi in cui credo e di vivere a 360 gradi i ritmi della Natura con tutte le emozioni che ne conseguono, in particolar modo la gratitudine per tutta questa bellezza e il grande senso di libertà. Chiara
Vivere la montagna.. e le marmotte
 
Vivere la montagna.. e le marmotte